Ma gli androidi sognano pecore elettriche?
Eh sì, gente! C'è una quinta collaboratrice e la
settimana inizia proprio con me e con una recensione tutta da
comprendere.
Premetto che “Ma gli androidi sognano pecore
elettriche?” è un libro letto recentemente, potrebbe portarvi ad
un innamoramento folle e convulsivo, gli effetti collaterali sono
tanti così come sono tanti i difetti dell'autore che ha saggiamente
scritto quest'opera.
Benvenuti dunque! E attenti voi ch'entrate...
(Per una questione di spazio e ripetizioni, il titolo
sarà abbreviato in: “Ma gli androidi...”)Iniziamo! Let's go!
L'autore di questo libro, così come di molti altri, è
Philip K. Dick, scrittore fantascientifico statunitense, e no, niente
traduzioni ambigue per quanto riguarda il cognome. Poverino! Mica è
colpa sua...
Philip è morto nel 1982, diventato ormai dipendente
dall'anfetamina, ebbe quattro mogli ed ogni matrimonio ha davvero una
storia a sestante.
Seppur abbia vissuto momenti di forte depressione a
causa delle varie rotture con le ex mogli e per via della droga, ciò
non ha impedito la stesura di grandi romanzi come “Ma gli
androidi...” ed “Ubik” (che spero di parlarne nei prossimi
articoli!).
Ogni libro di Dick ha una particolarità, ovvero che
verso metà lettura si scorgono due o tre pagine senza alcun senso,
scritte forse sotto l'effetto della droga, eppure nascondono
un'introspezione per nulla da prendere sotto gamba; ed anche in “Ma
gli androidi...” la particolarità persiste.
Ora, mi sembra d'obbligo, dare un accenno di trama...
(ATTENZIONE! LA TRAMA NON CONTIENE SPOILER ED È STATA
DIRETTAMENTE COPIATA DALLA MIA EDIZIONE CARTACEA.)
“Nel
1992 la Guerra Mondiale ha ucciso milioni di persone, e condannato
all'estinzione intere specie, costringendo l'umanità ad andare nello
spazio. Chi è rimasto sogna di possedere un animale vivente, e le
compagnie producono copie incredibilmente realistiche: gatti,
cavalli, pecore... Anche l'uomo è stato duplicato. I replicanti sono
simulacri perfetti e indistinguibili, e per questo motivo sono stati
banditi dalla Terra. Ma a volte decidono di confondersi tra i loro
simili biologici. A San Francisco vive un uomo che ha l'incarico di
ritirare gli androidi che violano la legge, ma i dubbi intralciano a
volte il suo crudele mestiere, spingendolo a chiedersi cosa sia
davvero un essere umano.”
Go,
Recensione:
Ma
gli androidi sognano pecore elettriche è un romanzo di fantascienza
scritto da Philip K. Dick, pubblicato nel 1968 in lingua originale,
mentre in Italia è uscito nel 1971, ha una storia editoriale
alquanto curiosa ed all'interno troviamo ben due sottogeneri: la
distopia e il filosofico.
La
storia racconta la vita di due personaggi nell'arco di un giorno,
circa, e sono rispettivamente: J. R. Isidore e Rick Deckard.
Isidore
è considerato un cervello
di gallina, non è
riuscito a superare i test d'intelligenza per emigrare su Marte
insieme al genere umano ed è costretto quindi a rimanere sulla Terra
dove una polvere tossica sta uccidendo non solo gli animali, ma anche
l'uomo.
Deckard
invece è un cacciatore
di taglie, anche lui
bloccato sul nostro pianeta madre.
Ha
il compito di uccidere gli androidi che fuggono da Marte per trovare
rifugio sulla Terra, si mischiano tra la gente ed è impossibile
localizzarli eccetto che con il metodo di riconoscimento per i
replicanti.
Non
dobbiamo scordare assolutamente Ira, la moglia di Deckard, una donna
affetta dalla depressione che grazie al controllore di umore, cerca
di andare avanti e donare amore (ATTENZIONE! Cerca!) a suo marito e
alla loro pecora elettrica.
Infine
c'è Rachel,
un
androide tutto da scoprire, un androide che piace per il suo caparbio
modo di agire.
Un
giorno Deckard ha il compito di uccidere ben sei androidi, chiamati
“Nexus
6”,
hanno un nuovo sistema e quindi sono praticamente identici all'essere
umano.
Riuscirà
Deckard a scoprire il loro rifugio? E cosa c'entra Isidore, un povero
cervello di gallina che vive in un quartiere desolato, con questa
storia?
Insomma,
il libro in sé è pieno di colpi di scena, di suspense, di quel
genere noir che tanto aspettavo di pregustare.
È una lettura che
ti lascia un retrogusto amaro dolce, uno stile che è semplicemente
“quello di Dick”, impossibile da riprodurre, impossibile
da battere.
E vi parla una che
di fantascienza non è tanto appassionata, ma che attraverso Philip
K. Dick è riuscita a comprendere la vera bellezza di questo genere!
Inoltre, sono una
tipa che tiene tanto ai dettagli e al contorno di una storia,
e quando mi sono ritrovata davanti questi personaggi secondari e
comparse, ho compreso subito, attraverso semplici, ma dritte al
punto, parole, la loro psicologia, la caratterizzazione, i difetti, i
pregi, i loro limiti, la loro evoluzione. E no, non vi sto prendendo
in giro!
L'argomento che ho
apprezzato di più in questo libro è stato decisamente
l'innamoramento. È possibile innamorarsi di una macchina? Un
robot? Un essere creato da noi stessi? È possibile concepire l'amore
o il sesso verso questi individui? E se sì, come?
Un introspettivo
punto che mi ha deliziato.
Infine, per
completare questo monologo senza senso, “Ma gli androidi...”
merita un Premio Nobel solo per il “Mercerianesimo” che è, a
dirla tutta, la nuova religione dell'uomo.
Egli crede in
Mercer, che un tempo è stato umano ed ora è immortale, crede nella
sua esistenza, credi che si trovi su una collina e, grazie ad una
maniglia, l'uomo si trova contatto con se stesso, sente tutte le
sensazioni altrui, per condividerle, per reagire e concepire il
tutto.
Anche questo, e mi
dispiace essere ripetitiva, è un qualcosa di talmente fondamentale e
bello da leggere che... che diamine! Fatico persino a spiegarvelo, è
un concetto davvero astratto, contorto, elaborato.
Ovviamente “Ma gli
androidi...” è un libro soggettivo, mi è stato consigliato da un
fratello scapestrato e visto che i nostri gusti non sono tanto
diversi, sempre soggettivamente parlando, ci è piaciuto un sacco.
E a voi? Piacerà?
Beh ragazzi, Dick è
uno che piace o non piace, un po' come Venezia, e quindi tanto vale
cimentarsi in una simile lettura e capire se fa per voi o meno!
Non so, sarà stata
utile questa recensione? Lo spero proprio!
Voto finale? UN NOVE
E MEZZO CI STA TUTTO!
Sapete com'è, mai
dire mai, ci può sempre essere di più...
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