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martedì 30 settembre 2014

Movieblog 03: NOI SIAMO INFINITO

Salve a tutti i lettori dal vostro Francesco e benvenuti ad un nuovo appuntamento con il mio Movieblog! Il film che andrò a recensire oggi è Noi Siamo Infinito, primo film che sia riuscito a strapparmi le lacrime dai tempi de Il Re Leone (e li avevo solo un anno!). Quindi, bando alle ciance, ciancio alle bande, e partiamo con la recensione!


Noi Siamo Infinito è un film del 2012 diretto da Stephen Chbosky e tratto dal romanzo epistolare Ragazzo da Parete, scritto dallo stesso Chbosky. La colonna sonora è caratterizzata da brani famosi che hanno caratterizzato il periodo di passaggio tra anni '80 e '90, che fa da sfondo a tutto il film. Tra di essi troviamo Heroes di David Bowie e Asleep degli Smiths.

TRAMA

Charlie è un ragazzo timido e introverso, estremamente agitato per l'inizio del suo primo anno di liceo, tanto da non riuscire a stringere amicizia con i compagni di classe. Un giorno, ad un incontro di football della squadra scolastica, incontra Patrick, un ragazzo omosessuale, e la sua sorellastra Sam, entrambi dell'ultimo anno. Grazie a loro Charlie riesce a cambiare e inizia a frequentare le feste e i party studenteschi. Una sera, dopo aver accidentalmente mangiato un brownie contenente cannabis, rivela a Sam di essere stato depresso a causa del suicidio del suo migliore amico, avvenuto l'anno prima. Lentamente, giorno dopo giorno, Charlie si innamora di Sam, la quale, nonostante il grande affetto che provi verso il ragazzo, è a sua volta innamorata di un ragazzo più grande. Charlie comincia a stare male e ad avere diversi flashback sul proprio passato, come se dei ricordi rimossi risalenti alla sua infanzia, iniziassero a tornare. Il giorno del diploma, Sam scopre che il suo ragazzo l'aveva ripetutamente tradita e lo lascia, correndo da Charlie e facendo l'amore con lui. La mattina seguente Sam e Patrick partono per il college, mentre il protagonista è afflitto da continue visioni della zia defunta, che si sono accentuate dopo il rapporto sessuale. La sorella e i genitori portano Charlie in un ospedale psichiatrico, dove i medici scoprono la causa di tutto: la zia di Charlie lo aveva violentato quando era solo un bambino, poco prima di morire in un incidente d'auto. La storia si conclude con un Charlie guarito, che in compagnia di Sam e Patrick sta finalmente in pace con se stesso, e finalmente si sente Infinito.


IL CAST

RECENSIONE

Dal punto di vista registico e della sceneggiatura il film è praticamente perfetto, complice il fatto che il regista e lo scrittore del libro siano la stessa persona. Le personalità dei personaggi sono esplorate e portate a nudo in maniera ottimale. Fantastica poi la scelta di impostare il film in prima persona dal punto di vista di Charlie, cosi come nel libro. Questo comporterà che se Charlie non ricorda qualcosa, o si ubriachi, la pellicola diventi nera o sfocata, in modo da farci calare completamente nella parte del protagonista. Le scene drammatiche sono curate nei minimi dettagli e spesso sono prive di colonna sonora, per renderle più crude. Felicissimo del fatto che abbia riscosso grande successo tra i giovani, complice anche la presenza di Emma Watson (Harry Potter), Logan Lerman (Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo) e Nina Dobrev (The Vampire Diaries), poichè tratta delle tematiche che caratterizzano la nostra generazione e che possono dare ottimi esempi e insegnamenti a quelle nuove, sempre più alla deriva. In conclusione, il film è bellissimo e lo consiglio a tutti. Probabilmente vi farà piangere e vi farà riflettere parecchio su di voi e sulla gente che conoscete (o credete di conoscere), ma alla fine non vi sarete pentiti di averlo visto.

Valutazione: 8

Spero che la mia recensione vi sia piaciuta. Ci vediamo nei prossimi giorni con un nuovo Movieblog, ciao a tutti!

P.S.: potete contattarmi a QUESTO indirizzo e-mail per consigliarmi quali film recensire.











lunedì 29 settembre 2014




Ma gli androidi sognano pecore elettriche?


Eh sì, gente! C'è una quinta collaboratrice e la settimana inizia proprio con me e con una recensione tutta da comprendere.
Premetto che “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” è un libro letto recentemente, potrebbe portarvi ad un innamoramento folle e convulsivo, gli effetti collaterali sono tanti così come sono tanti i difetti dell'autore che ha saggiamente scritto quest'opera.
Benvenuti dunque! E attenti voi ch'entrate...
(Per una questione di spazio e ripetizioni, il titolo sarà abbreviato in: “Ma gli androidi...”)Iniziamo! Let's go!
L'autore di questo libro, così come di molti altri, è Philip K. Dick, scrittore fantascientifico statunitense, e no, niente traduzioni ambigue per quanto riguarda il cognome. Poverino! Mica è colpa sua...
Philip è morto nel 1982, diventato ormai dipendente dall'anfetamina, ebbe quattro mogli ed ogni matrimonio ha davvero una storia a sestante.
Seppur abbia vissuto momenti di forte depressione a causa delle varie rotture con le ex mogli e per via della droga, ciò non ha impedito la stesura di grandi romanzi come “Ma gli androidi...” ed “Ubik” (che spero di parlarne nei prossimi articoli!).
Ogni libro di Dick ha una particolarità, ovvero che verso metà lettura si scorgono due o tre pagine senza alcun senso, scritte forse sotto l'effetto della droga, eppure nascondono un'introspezione per nulla da prendere sotto gamba; ed anche in “Ma gli androidi...” la particolarità persiste.
Ora, mi sembra d'obbligo, dare un accenno di trama...

(ATTENZIONE! LA TRAMA NON CONTIENE SPOILER ED È STATA DIRETTAMENTE COPIATA DALLA MIA EDIZIONE CARTACEA.)

Nel 1992 la Guerra Mondiale ha ucciso milioni di persone, e condannato all'estinzione intere specie, costringendo l'umanità ad andare nello spazio. Chi è rimasto sogna di possedere un animale vivente, e le compagnie producono copie incredibilmente realistiche: gatti, cavalli, pecore... Anche l'uomo è stato duplicato. I replicanti sono simulacri perfetti e indistinguibili, e per questo motivo sono stati banditi dalla Terra. Ma a volte decidono di confondersi tra i loro simili biologici. A San Francisco vive un uomo che ha l'incarico di ritirare gli androidi che violano la legge, ma i dubbi intralciano a volte il suo crudele mestiere, spingendolo a chiedersi cosa sia davvero un essere umano.

Go, Recensione:
Ma gli androidi sognano pecore elettriche è un romanzo di fantascienza scritto da Philip K. Dick, pubblicato nel 1968 in lingua originale, mentre in Italia è uscito nel 1971, ha una storia editoriale alquanto curiosa ed all'interno troviamo ben due sottogeneri: la distopia e il filosofico.
La storia racconta la vita di due personaggi nell'arco di un giorno, circa, e sono rispettivamente: J. R. Isidore e Rick Deckard.
Isidore è considerato un cervello di gallina, non è riuscito a superare i test d'intelligenza per emigrare su Marte insieme al genere umano ed è costretto quindi a rimanere sulla Terra dove una polvere tossica sta uccidendo non solo gli animali, ma anche l'uomo.
Deckard invece è un cacciatore di taglie, anche lui bloccato sul nostro pianeta madre.
Ha il compito di uccidere gli androidi che fuggono da Marte per trovare rifugio sulla Terra, si mischiano tra la gente ed è impossibile localizzarli eccetto che con il metodo di riconoscimento per i replicanti.
Non dobbiamo scordare assolutamente Ira, la moglia di Deckard, una donna affetta dalla depressione che grazie al controllore di umore, cerca di andare avanti e donare amore (ATTENZIONE! Cerca!) a suo marito e alla loro pecora elettrica.
Infine c'è Rachel, un androide tutto da scoprire, un androide che piace per il suo caparbio modo di agire.
Un giorno Deckard ha il compito di uccidere ben sei androidi, chiamati “Nexus 6”, hanno un nuovo sistema e quindi sono praticamente identici all'essere umano.
Riuscirà Deckard a scoprire il loro rifugio? E cosa c'entra Isidore, un povero cervello di gallina che vive in un quartiere desolato, con questa storia?
Insomma, il libro in sé è pieno di colpi di scena, di suspense, di quel genere noir che tanto aspettavo di pregustare.
È una lettura che ti lascia un retrogusto amaro dolce, uno stile che è semplicemente “quello di Dick”, impossibile da riprodurre, impossibile da battere.
E vi parla una che di fantascienza non è tanto appassionata, ma che attraverso Philip K. Dick è riuscita a comprendere la vera bellezza di questo genere!
Inoltre, sono una tipa che tiene tanto ai dettagli e al contorno di una storia, e quando mi sono ritrovata davanti questi personaggi secondari e comparse, ho compreso subito, attraverso semplici, ma dritte al punto, parole, la loro psicologia, la caratterizzazione, i difetti, i pregi, i loro limiti, la loro evoluzione. E no, non vi sto prendendo in giro!
L'argomento che ho apprezzato di più in questo libro è stato decisamente l'innamoramento. È possibile innamorarsi di una macchina? Un robot? Un essere creato da noi stessi? È possibile concepire l'amore o il sesso verso questi individui? E se sì, come?
Un introspettivo punto che mi ha deliziato.
Infine, per completare questo monologo senza senso, “Ma gli androidi...” merita un Premio Nobel solo per il “Mercerianesimo” che è, a dirla tutta, la nuova religione dell'uomo.
Egli crede in Mercer, che un tempo è stato umano ed ora è immortale, crede nella sua esistenza, credi che si trovi su una collina e, grazie ad una maniglia, l'uomo si trova contatto con se stesso, sente tutte le sensazioni altrui, per condividerle, per reagire e concepire il tutto.
Anche questo, e mi dispiace essere ripetitiva, è un qualcosa di talmente fondamentale e bello da leggere che... che diamine! Fatico persino a spiegarvelo, è un concetto davvero astratto, contorto, elaborato.
Ovviamente “Ma gli androidi...” è un libro soggettivo, mi è stato consigliato da un fratello scapestrato e visto che i nostri gusti non sono tanto diversi, sempre soggettivamente parlando, ci è piaciuto un sacco.
E a voi? Piacerà?
Beh ragazzi, Dick è uno che piace o non piace, un po' come Venezia, e quindi tanto vale cimentarsi in una simile lettura e capire se fa per voi o meno!
Non so, sarà stata utile questa recensione? Lo spero proprio!
Voto finale? UN NOVE E MEZZO CI STA TUTTO!
Sapete com'è, mai dire mai, ci può sempre essere di più...

A LUNEDì PROSSIMO!



Prezzo: 9,90 euro.
Pagine: 238 pg.
Editore: Fanucci


giovedì 25 settembre 2014

Giudicare dalla copertina • #1 • Hunger Games ITA

Buon giovedì e ben ritrovati a questo nostro primo appuntamento di «giudicare dalla copertina».
Prima di passare alla nostra copertina #1 - è meglio scrivere due parole su cosa tratterà questa (forse probabilmente) stramba rubrica.
Beh, il titolo dice tutto, no? Mi occuperò di giudicare le copertine (e, anche se in minor parte, l'impaginazione e altri lati grafici) dei libri (perlopiù letti e nella mia libreria), perché io sono una di quelle lettrici che quando trova un libro che le piace, la prima cosa che va a vedere è la copertina. In libreria, allo stesso modo, mi avvicino soltanto ai libri con un aspetto invitante.
Noi mangiamo solo quello che ci fa venire l'acquolina in bocca al solo vederlo, no?~
Occasionalmente (leggasi: quando avrò tempo e voglia) vi fornirò anche una mia personale versione di come, secondo me, dovrebbe essere fatta la copertina in questione.
Ovviamente, le critiche e i giudizi sono fatti secondo il mio punto di vista e il mio gusto personale. Inoltre non ho nessuna qualifica per fare questo tipo di lavoro, la mia è solo una condivisione di pensieri dettati da una mia passione.

Detto questo!



• LIBRO: Hunger Games (Hunger Games #1)
• AUTORE: Susanne Collins
• COPERTINA: Prima edizione Italiana - 2009
• IN SOVRACCOPERTA: Illustrazione di Isaiah S.
• ART DIRECTOR: Fernando Ambrosi
• GRAPHIC DESIGNER: Michele Frigo
• PREZZO EDIZIONE: 17,00 €

• ALTRE INFORMAZIONI: Lettering Hunger Games e illustrazione quarta di copertina di Davide Nadalin. Stampato presso Mondadori Printing S.p.A. Per la trama, cliccare qui.



La prima copertina di Hunger Games, devo dire, non è stata la scintilla (per rimanere in tema) che mi ha fatto acquistare il libro. Ero stata catturata dalla fascetta di colore rosso acceso e dal titolo, inoltre era accanto al libro che ero intenzionata ad acquistare in quel lontano 2009. Insomma, questa prima copertina italiana non mi ha entusiasmato, anzi, ho preferito toglierla e tenerla chiusa in un cassetto, lasciando in mostra quella rigida, molto più piacevole. Ma vedremo dopo.

La prima copertina si presenta con una grandezza di circa 15x22 cm. Il colore predominante è il nero, che rende il giallo degli occhi e il bianco/rosso della scritta molto più luminosi di quello che sono realmente. La figura gioca sui contrasti dei colori - scelta molto azzeccata per l'ambientazione del libro e della sua evoluzione. Ma questo non basta.
La ragazza che appare tra le foglie presenta una pelle grigiastra con sopracciglia, ciglia e taglio degli occhi molto particolari. Quello che maggiormente non quadra, però, è appunto questo colore troppo innaturale delle iridi, cangiante, quasi come se si stesse guardando una fiamma. Pupille scomparse.
Ora, d'accordo che il fuoco è un tema "centrale" in Hunger Games, ma la scelta di questi occhi quasi inumani mi ha fatto rabbrividire. Katniss (si suppone sia lei, no?) è una ragazza come tutti, dopotutto, e avrei preferito vedere un volto più simile a quelli di tutti i giorni. Per le ciglia vale lo stesso discorso.
Il colore della pelle, invece, lo trovo molto significativo. Sottolinea la provenienza dai bassifondi di Katniss, lo strato di carbone che copriva i suoi amici e gli altri abitanti del suo Distretto. Infine, ultima caratteristica ma non meno importante, la piccola spilla (simbolo di tutta la saga) da cui gli occhi riprendono il colore, di lato al titolo del libro.

Insomma, la Mondadori non ha fatto un buon lavoro cambiando la copertina al libro (vizio di gran parte delle case editrici, ma l'editoria è un mondo crudele), tuttavia, è stata la copertina rigida a stupirmi - stavolta in positivo.
la foto è stata scannerizzata da me,
quindi chiedo perdono per la
qualità un po' scarsa ^^"
Come potete vedere, si tratta di una semplice copertina rigira grigio scuro su cui vi è stampata la spilla di cui si parlava sopra - la Ghiandaia. Perché mi piace tanto? Semplice, ne Il canto della Rivolta (o, in inglese, The Mockingjay), alla fine del romanzo, viene menzionato un libro che Katniss e Peeta stanno scrivendo assieme sugli anni trascorsi. E quando ho letto quello spezzone mi sono immaginata esattamente la copertina della prima edizione italiana. Nessun titolo.
Minimale, semplice, triste (la ghiandaia non è bianca, ma di un grigio chiaro) - e credo che sia la scelta giusta per un libro del genere.
La saga di Hunger Games, che possa piacere o meno, tratta di una storia triste prima di essere una love story o un romanzo adolescenziale. E - a mio parere - è anche una storia molto plausibile.
La situazione in cui Katniss e gli altri personaggi si trovano è esattamente come la copertina: grigia, spenta, vuota di un vuoto che lascia quasi disperazione. E guardandola si può capire il contrasto che ha con la sovracoperta: con colori quasi fluorescenti, che sembrano uscire dalla pagina.

Altra cosa interessante da notare sono la terza e la quarta di copertina.
Nella quarta (il retro, per intenderci) troviamo una sorta di descrizione del libro con in aggiunta delle opinioni di S. King e L. Troisi:

Vincere significa fama e ricchezza.
Perdere significa morte certa.
Ma per vincere bisogna scegliere.
Tra sopravvivenza e amore.
Egoismo e amicizia.
Quanto sei disposto a perdere?
Che gli Hunger Games abbiano inizio!

- - -

E' un romanzo che dà assuefazione
- Stephen King

Un'ambientazione cruda e terribilmente plausibile, 
una protagonista straordinaria per un libro
assolutamente indimenticabile
- Licia Troisi

Di certo belle parole, scritte in bianco su sfondo completamente nero. L'unica cosa che non mi convince è l'occhio della telecamera che regna sopra la pagina, occupandone un buon quarto. 
Il problema non è tanto la telecamera in sé (con un significato anche nella storia, per carità) - ma il collegamento che ho subito fatto con il Grande Fratello (non quello di 1984, attenzione! Ma il reality). Non approfondisco oltre, ma ammetto che mi urta ancora un po' rivederla e pensare le stesse cose a distanza di anni.
La terza copertina, invece, l'ho molto apprezzata perché lo spazio dedicato all'autrice è davvero minimale: niente studi, opere di beneficenza, e vita morte e miracoli di Susanne Collins. Mi hanno sempre dato fastidio le biografie prolisse nei libri, e trovare quella della Collins così corta e, per certi versi, interessante, mi ha spronato a leggere Hunger Games.
Non vi è neanche una sua foto.

E' una nota autrice statunitense. La prima ispirazione per questo libro le è venuta dal mito del Labirinto del Minotauro, ma l'idea si è fatta strada nella sua mente mentre faceva zapping tra le immagini dei reality show e quelle della guerra vera. Vive nel Connecticut con la sua famiglia e i suoi due gatti selvaggi.

Nulla da dire riguardo il dorso del libro, tranne per la ripresa della telecamera che c'è in quarta di copertina (avrei preferito la ghiandaia).
L'impaginazione è semplicemente perfetta, scelta dei caratteri ottimale, molto "cubici", "squadrati", che riprendono l'idea di compostezza e pesantezza del sistema di oppressione di Panem.

In generale la sovracoperta della prima edizione è tra gli ultimi posti della classifica delle copertine di Hunger Games (chissà, magari si potrebbe fare proprio una classifica!), lo stesso discorso però non vale per la copertina rigida e per l'interno del libro.

• VALUTAZIONE: ☆ ☆ [2/5]
La sovracoperta non mi fa impazzire per nulla, ma salva molto il libro la cura che c'è all'interno delle pagine.



Abbiamo finito! E' stata lunga e dura, ma ci sono riuscita ^^" spero di non aver stufato molto e di avervi spiegato più o meno chiaramente ciò che penso io della copertina! Prossimamente, cercherò di seguire le copertine dei libri che vengono recensiti su questo blog, ma non assicuro nulla.
Inoltre, se c'è qualche copertina che volete vedere analizzata, potrei farci un pensiero...
Al prossimo giovedì!

mercoledì 24 settembre 2014

La ragazza di carta



Seeeconda recensione librosa!
Sono sempre Sam e oggi vi parlerò di un libro che mi ha colpita e stupita nel profondo; l’autore è Guillaume Musso e il romanzo in questione è La Ragazza di Carta.




Titolo: La ragazza di carta
Titolo originale
: La fille de papier
Autore
: Guillaume Musso
Pagine
: 373
Prezzo
: 9,90€
Ed
. Sperling&Kupfer





Trama
In piena crisi di ispirazione, solo e senza un solto, lo scrittore Tom Boyd non riesce a completare il suo ultimo romanzo. Si sente in trappola, una trappola che rischia di distruggerlo: lasciatosi con una famosa pianista, sua compagna, e senza più un soldo in tasca grazie ad una gaffe finanziaria del suo migliore amico, nonché manager, non ha più la forza di reagire, né quella per scrivere. Si lascia sopraffare, quindi, da alcol e farmaci, finché una notte, durante un furioso temporale, pensa di avere un’allucinazione: sulla terrazza della propria villa compare una ragazza, misteriosa e bellissima. Gli dice di essere la protagonista del suo romanzo, caduta nel mondo reale da una frase lasciata in sospeso in alcune copie del secondo volume della trilogia, le quali hanno riportato un difetto di stampa non indifferente. Se Tom non riprenderà a scrivere, lei morirà. Sembra assurdo, eppure… eppure Tom le crede. Perché è già follemente innamorato di lei.
Dal momento del loro incontro, quindi, avrà inizio la corsa contro il tempo per salvare Billie e per riportarla nel proprio mondo, permettendole, così, di vivere.



Recensione

Questo romanzo è entrato nella mia libreria per caso
, a seguito di uno sclero con un amico durante il quale abbiamo confuso diversi titoli.
Lui mi ha parlato – ha sclerato – benissimo di questo libro, così mi sono incuriosita e l’ho acquistato. Un affare ben calcolato, devo dire, che poi si è rivelato essere un regalo di mio padre.
Non saprei dire se mi sia più caro per la storia o per il fatto che sia stato papà, a comprarmelo. xD


Comunque sia: devo dire che è stata una storia davvero commovente, ben strutturata, che non lascia nulla al caso e nemmeno la benché minima ombra di dubbio riguardo alla provenienza di Billie e della sua ‘caduta’ nel mondo reale. L’autore ha strutturato davvero bene la vicenda di questo personaggio, rendendola più che verosimile. Anche se si è consapevoli di quanto sia impossibile che il protagonista di un libro cada da esso, giungendo nella realtà, Musso fa in modo che il lettore sia portato a credere che sia così, che sia possibile anche se non si tratta di un romanzo fantastico.
Quel che più mi ha colpita è stata la semplicità con cui si riesce ad immedesimarsi in ogni singolo personaggio, capendo e vivendo sulla pelle ogni singola emozione che li ha animati nel corso della storia; il loro passato, il loro presente, i loro sentimenti contorti, le loro paure e i loro sorrisi… tutto, davvero tutto.
Non sfugge niente, perché Musso ha fatto sì che le parole uscissero dalla carta e si imprimessero nella mente e nel cuore del lettore, lasciandolo vivere le vicende narrate, al fianco dei protagonisti.


Ma chi sono, dunque, i protagonisti di cui parlo e parlo e parlo?
Andiamo a scoprirlo. ~


Primo fra tutti, troviamo Tom Boyd, il protagonista per eccellenza.
Quest’uomo è uno scrittore che ha fatto faville pubblicando due romanzi; si scoprirà in seguito che il primo volume della trilogia è nato per far sorridere una persona a lui cara, per darle la forza di proseguire e cambiare la vita di cui era insoddisfatta, e non parliamo di Billie.
Diciamo pure che è diventato famoso un po’ per caso e anche che, senza il regalo di Susan, non sarebbe giunto al punto in cui lo troviamo all’inizio della storia: milionario, con una villa da urlo (gente, pagherei per avere un decimo di quella casa, credetemi) in riva al mare, e… la passione per alcol e droga, dovuta principalmente ad una relazione sentimentale altalenante, purtroppo terminata (quelli come me, che shippano Tom e Billie, direbbero: “Per fortuna!”, ma dettagli).
È un personaggio abbastanza irascibile, che si infastidisce con poco, ma allo stesso tempo è temerario (si butta dalla finestra di un palazzo per sfuggire all’idea geniale dei suoi migliori amici, senza nemmeno controllare cosa ci sia sotto, cioè, dai, nemmeno i Puffi con Gargamella alle calcagna(?)!) e comprensivo, attento alle piccole cose e a quel che riguarda gli amici più cari che ha;  sotto la corazza da duro che mostra al mondo, nasconde sentimenti di una persona dannatamente umana. Affatto stereotipato, è anzi pieno di sfumature e sfaccettature diverse che lo rendono un personaggio a tutto tondo.
Forse, nota un po’ negativa, è che si fa troppi problemi, troppe paranoie e momenti di autocommiserazione. Insomma: ti ha lasciato una donna, non è mica morto il cane! è_é
Perché in quel caso sì, lo capirei. E lo sosterrei moralmente.(?)
Poi c’è Billie, la donnina cui ha dato vita nei suoi romanzi. Una ragazza semplice, innamorata di un uomo sposato e con famiglia, che la usa a proprio piacimento per scappatelle casuali ma che, pur amandola, non è disposto a lasciare il suo nido per poter spiegare le ali con lei.
Ne soffre, inutile dirlo, così una delle condizioni che strappa a Tom prima di rientrare nel suo mondo, è proprio quella di farle avere l’happy ending che tanto agogna.
Si scopre, poi, che Billie ha anche un problema di salute abbastanza grave, ma sicuramente non è causato dal suo salto nel mondo reale.  Inizia, quindi, un’ulteriore corsa contro il tempo (oltre a quella per trovare il romanzo, l’ultima copia difettosa che non è andata al macero) per salvarle la vita, perché Tom vuole che lei viva. Lui ha deciso così.  Ed è proprio questo imprevisto che gli dà la forza di metter mano al suo portatile e ricominciare a scrivere anche il terzo e ultimo libro della trilogia, con in mente il chiaro obiettivo di non far morire la donna di cui è innamorato, anche se ancora non lo sa.
Altro personaggio che compare: Milo, il migliore amico, nonché manager di Tom, che con un solo affare mal calcolato riesce a mandare all’aria la sua fortuna, mettendolo in guai finanziari non indifferenti.
Si sono conosciuti da adolescenti, in quanto abitanti dello stesso quartiere malfamato e parte di una medesima banda; insieme, hanno affrontato molte difficoltà e hanno creato un legame davvero forte che, nonostante gli errori di Milo, non si corrode né cede davanti alle grandi difficoltà ma, anzi, si fortifica ogni volta di più.
Al loro fianco, poi, troviamo Susan, una ragazza che Tom ha preso sotto alla propria ala in quegli anni, negli anni in cui era un adolescente povero, ribelle, che amava la scrittura ma che non riusciva a vedere un futuro in essa. Una donna che, poi, entrerà a far parte della polizia e che, contro ogni singolo principio dettato dal lavoro che svolge, aiuta il suo più caro amico a fuggire dalla finanza per permettergli di riportare Billie a casa, nel romanzo che lui ha scritto e da cui lei è caduta.
Credo che sia il personaggio di gran lunga più interessante, Susan, perché sfida il mondo – quasi letteralmente – per poter aiutare qualcuno a lei caro, a cui deve la vita, deve tutto, persino il posto di lavoro in cui si trova in quel momento, ignorando se stessa e quel che prova nei confronti di Milo.
Non è egoista come la maggior parte delle donne che ho ritrovato nei romanzi che ho letto, non pensa mai a se stessa per prima; si lascia per ultima, mettendo davanti ciò che le è più caro, seguendo il cuore  e la propria anima, non la morale, il buon costume o le apparenze.
E rischia tutto, rischia tutto per Tom e per Milo, per Tom soprattutto, perché sente di avere un grande debito, con lui.


Quello che meno ho apprezzato
del libro, invece, è la ricerca dell’ultima copia difettosa del romanzo che, decisamente, passa per troppe mani prima di giungere in quelle di Tom e Billie. Temo che sia stata un po’ troppo caricata ed esagerata, questa parte, perché molti passaggi avrebbe potuto evitarli.
È stata comunque interessante, nel suo piccolo, ma da un altro punto di vista, poiché questo via vai ha permesso all’autore di mettere in luce i sentimenti di cui Tom nemmeno si accorge e che sono rivolti nei confronti di Billie.
Un’altra cosa carina, invece, è la copertina; l’ho davvero amata, poiché riunisce un po’ tutto quel che si trova nel libro, a partire dalla semplicità e dalla chiarezza con cui sono narrati gli eventi. Insomma, l'avete vista, no? Come si fa a non amarla? Ditemelo. ~
Uno stile pulito e scorrevole, quello di Musso, affatto scontato, che coinvolge il lettore pungendolo nel vivo, diciamo, poiché la vicenda raccontata potrebbe capitare a chiunque, così come potrebbe succedere, a noi poveri scrittori in erba, di veder piombare nel mondo reale un nostro personaggio in carne ed ossa.
Ma capirete cosa intendo solo leggendo il libro che, ovviamente, non può mancare nella top-ten delle librerie di ognuno di voi. ~






Voto: 10/10


Anche a questo libro voglio dare il massimo, poiché da scrittrice in erba mi sono sentita molto vicina a Tom, da sognatrice mi sono immedesimata in Billie e anche in Susan e in Milo che, nonostante tutto, alti e bassi, cercano di aiutare il loro amico in ogni modo possibile e immaginabile.
Sono tutti determinati e forti, e con la loro avventura insegna al lettore a non arrendersi mai e a non demordere, a combattere per quel che si desidera e per raggiungere i propri obiettivi, alle volte anche accettando un aiuto da chi ci vuole bene, che non è mai una vergogna o un segno di debolezza.





Quote:
«Non possiamo che uscirne insieme. Tu sei la mia chance e io sono la tua.»




E voi? Che dite di questo libro?
L’avete letto? Sentite di dover aggiungere o contestare qualcosa?
Se è così, commentate pure.









A presto con la prossima recensione ♫



»Sam ♥

martedì 23 settembre 2014

Movieblog 02: HARRY POTTER (saga completa)

Salve a tutti i nostri lettori dal vostro Francesco e benvenuti ad un nuovo appuntamento con il mio Movieblog! Quest'oggi andrò a recensire una delle saghe cinematografiche più famose della storia, capace di catturare fan di ogni generazione, dai bambini agli anziani, me compreso! Sto parlando, ovviamente, di Harry Potter!



Harry Potter è una saga cinematografica tratta dai romanzi di J.K. Rowling. La regia dei primi due capitoli è stata affidata a Chris Columbus, noto soprattutto per aver diretto L'Uomo Bicentenario, Mrs. Doubtfire, Mamma ho Perso l'Aereo e Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo - Il Ladro di Fulmini. Il terzo capitolo è stato diretto da Alfonso Cuaron, autore di autentici capolavori del cinema, tra cui Gravity. Il quarto capitolo è affidato a Mike Newell, noto per pellicole come Mona Lisa Smile, L'Amore ai Tempi del Colera e Prince of Persia - Le Sabbie del Tempo. A partire dal quinto capitolo, sino alla conclusione della saga, alla regia subentra David Yates, regista emergente che grazie ad Harry Potter è riuscito ad affermarsi nel mondo del cinema. Il capitolo finale della saga, Harry Potter e i Doni della Morte, è stato splittato in due parti, portando il numero di film ad otto.


TRAMA



Harry Potter è un ragazzino di undici anni che scopre di essere un mago, ma non un mago qualsiasi, bensì il ragazzo che è sopravvissuto. Infatti, quando aveva solo un anno, il malvagio Lord Voldemort, aveva cercato di ucciderlo, per via di una profezia secondo la quale Harry lo avrebbe sconfitto. Tuttavia, la madre Lily, si interpose tra i due, creando uno scudo protettivo che grazie all'amore salvò il piccolo e fece si che l'incantesimo di Voldemort rimbalzasse sullo stesso, portandolo in un limbo tra la vita e la morte. Per 11 anni nessuno sentì più parlare di lui. Ma Voldemort non era morto, perchè aveva racchiuso la sua anima in alcuni oggetti, gli Horcrux, e solo distruggendoli il Signore Oscuro sarebbe potuto essere realmente sconfitto. Nel cammino per la distruzione del Signore Oscuro perdono la vita numerosi amici di Harry, che dopo aver distrutto tutti gli Horcrux, grazie all'aiuto del preside di Hogwarts Silente, e dei suoi due amici Ron ed Hermione, scopre di essere lui stesso l'ultimo pezzo dell'anima di Voldemort. Infatti quando quest'ultimo tentò di ucciderlo, fallendo, una parte della sua anima si staccò aggrappandosi all'unica forma di vita presente nella stanza, ovvero Harry.

I due maghi si trovano faccia a faccia e Voldemort scaglia l'anatema che uccide, ma Harry si salva, mentre a morire al posto suo è l'Horcrux che viveva in lui. Questo perchè Voldemort aveva utilizzato il sangue di Harry per risorgere, lo stesso sangue impregnato dalla protezione di Lily. Finchè Voldemort sarebbe rimasto in vita, Harry non sarebbe mai potuto morire. Nel duello finale Harry riesce a sconfiggere il nemico una volta per tutte. II film termina con un flashforward in cui si vede cosa succede diciassette anni dopo gli avvenimenti dell'ultimo capitolo. Harry si è sposato con Ginny, la sorella di Ron, che ha invece sposato Hermione, e i quattro accompagnano all'espresso per Hogwarts i propri figli.
IL CAST


RECENSIONE

La saga letteraria di maggior successo nella storia dei best-seller, ha sbancato anche al botteghino. Nel complesso la saga cinematografica del maghetto occhialuto può essere giudicata in maniera positiva e riuscita, nonostante alcuni alti e bassi che hanno reso la visione più o meno godibile. Andiamo ad analizzare una cosa alla volta. Le prime due pellicole, La Pietra Filosofale e La Camera dei Segreti, sono stati diretti in maniera ottima da Chris Columbus, che ci proietta perfettamente all'interno del mondo magico di Hogwarts. Ottimi i toni un po' più oscuri del secondo capitolo, che mantiene comunque l'atmosfera fanciullesca presente nel primo, rendendo benissimo ciò che era stato descritto nei libri. Il terzo capitolo, Il Prigioniero di Azkaban, è stato invece diretto in maniera egregia da Alfonso Cuaron, che ha però cambiato troppo l'atmosfera presente nei primi due film, creando un distacco troppo evidente tra questa pellicola e quella precedente. La trama avvincente aiuta sicuramente il film, che rimane godibile quanto i precedenti, ma alcune scelte registiche fanno storcere il naso, come la creazione computerizzata del Platano Picchiatore che risulta molto meno realistico rispetto a quello ''robotizzato'' del film precedente. Il quarto capitolo, Il Calice di Fuoco, è forse il migliore della saga dal punto di vista della regia. Mike Newell ha fatto un gran lavoro nel rendere dark e cupe le atmosfere del film, proprio come avveniva nel romanzo. La spada di Damocle della morte è sempre presente e grava sui personaggi, rendendo ogni avvenimento importante. Molti fan hanno storto il naso per alcuni cambiamenti apportati alla trama, ma a me sono piaciuti tutti, e li giudico come necessari. Gli effetti speciali da brivido, soprattutto nella sfida del drago e nello scontro con Voldemort. Le vere dolenti note iniziano quando la regia passa a David Yates. Nel quinto capitolo, L'Ordine della Fenice, notiamo nuovamente il cambio netto di regia, come successo tra il secondo e terzo film, cosa che invece Newell è stato capace di evitare col suo film. La pellicola è di per se godibile e intrattiene lo spettatore, ma la trama è troppo superficiale e va ad esplorare poco i personaggi. Il peggio lo incontriamo nel sesto capitolo, Il Principe Mezzosangue, dove il mondo magico e dark di Harry Potter diventa una soap opera all'americana. 3/4 del film sono dedicate alle love story, mentre la trama è quasi assente. Il film stenta a decollare per più di un'ora e mezza, fino alle scene finali che sono le più interessanti, ma ciò non salva affatto questo film, sicuramente il peggiore dell'intera saga. Il capitolo finale è stato, intelligentemente, splittato in due parti dal regista, sia per motivi economici che per non tagliare troppe scene fondamentali. Ebbene si, perchè l'ultimo libro, I Doni della Morte, è caratterizzato da un susseguirsi di avvenimenti di rilevante importanza, nessuno dei quali può essere tagliato. La prima parte soffre molto dal punto di vista dell'intrattenimento, poichè procede lentamente, e decolla solo nella seconda ora, ma è nel complesso ottima. La fotografia e le inquadrature soggettive sono davvero fantastiche e mi fanno quasi credere che Yates abbia conservato tutto il meglio per l'ultimo film. La seconda parte è invece velocissima, sin dall'inzio. Non manca mai l'azione e i colpi di scena si susseguono senza dar tregua allo spettatore. Ancora una volta la regia è fantastica, cosi come le stupende colonne sonore di John Williams e Alexandre Desplat. Gli attori mostrano tutto il loro potenziale in quest'ultimo film, soprattutto Alan Rickman (nei panni di Severus Piton), che a mio avviso avrebbe meritato l'Oscar. In conclusione, direi proprio che consiglio caldamente a tutti (quei pochi) che non abbiano visto la saga di Harry Potter, perchè nonostante parecchi difetti è in grado di conquistare il cuore dello spettatore sin dal primo secondo.

VALUTAZIONE
  • Harry Potter e la Pietra Filosofale: 7
  • Harry Potter e la Camera dei Segreti: 7
  • Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban: 7
  • Harry Potter e il Calice di Fuoco: 7.5
  • Harry Potter e l'Ordine della Fenice: 7
  • Harry Potter e il Principe Mezzosangue: 6.5
  • Harry Potter e i Doni della Morte - Parte I: 7.5
  • Harry Potter e i Doni della Morte - Parte II: 8

Spero che la mia recensione vi sia piaciuta. Ci rivedremo nei prossimi giorni con un nuovo Movieblog, ciao a tutti!

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