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mercoledì 15 ottobre 2014

Quanta stella c'è nel cielo



Quarta recensione librosa da parte di Sam.
Stavolta, visto che i miei collaboratori si sono lamentati dei miei bellissimi 10, vi presento uno dei rari libri che hanno meritato un’insufficienza: Quanta stella c’è nel cielo, di Edith Bruck.



Titolo: Quanta stella c’è nel cielo
Titolo originale: Pare proprio che sia ‘Quanta stella c’è nel cielo
Autore: Edith Bruck
Pagine:  198
Prezzo: € 9,90
Ed. Garzanti


Trama

Anita non ha ancora sedici anni. È sopravvissuta ad Auschwitz e alla brutalità dei Nazisti. Quando viene liberata, ha solamente tredici anni ma, prima di poter essere rimandata a casa, deve passare qualche tempo in un ospedale gestito da americani.
Una volta guarita, viene affidata ad Eli, il cognato della zia Monika da cui andrà a stare, in una piccola cittadina cecoslovacca, abitata in precedenza dai Sudeti.
Il libro, in sostanza, narra la vita di Anita una volta fuori dal Campo, nuovamente inserita nella società umanizzata che, però, non vuole né vedere né sentire gli orrori che la poveretta ha vissuto insieme a molte altre persone, chi ancora vivo e chi no.
Ci racconta della famiglia in cui è inserita, in cui è costretta  a vivere lavorando come baby sitter e donna di casa per una signora superficiale, Monika, sua zia, devota solo al denaro e alle apparenze, che si vergogna delle proprie origini ebraiche, gelosa di tutto ciò che il figlioletto, Roby, impara assieme ad Anita nei momenti in cui Monika stessa è assente. Una madre possessiva, che cerca in tutti i modi di chiudere occhi e orecchie, di vivere guardando solamente al futuro e rinnegando il presente, nonché il passato.
Al suo fianco, un marito fin troppo espansivo, disposto a prodigarsi per gli altri che, però, non la soddisfa, perché spesso le rema contro e un cognato un po’… libertino, che si approfitta di tutte le donne, senza sancire un legame duraturo come il fidanzamento o il matrimonio.
Fatto sta che Eli ingravida Anita, convinta di amarlo e, soprattutto, che i suoi sentimenti siano ricambiati ma, si sa, all’epoca una gravidanza fuori dal matrimonio era un biglietto di sola andata per la rovina più totale, perciò la obbliga ad abortire.
L’ultima parte del libro si concentra a Praga (mentre tutto il resto è ambientato in Cecoslovacchia) dove Anita fugge da Eli, il cognato che l’ha messa incinta, cercando di evitare l’aborto e di imbarcarsi verso la Palestina, la Terra Promessa in cui tutti gli ebrei sognavano di trovare un po’ di pace e serenità.


Recensione

Ah, ma che bel libro allegro, Sam!
Non sono solita gettarmi in letture leggere, ma questo mammamia!  Pesantissimo. E non per l’argomento trattato, credetemi.
Ma procediamo con ordine, sì? :3

Che dire del libro.
Premetto che la storia di fondo la conoscevo già, in quanto avevo visto il film qualche giorno prima di iniziare la lettura e ho notato differenze abbastanza importanti.
Un esempio potrebbe essere quello dei personaggi: Anita va a lavorare in una fabbrica tessile e, mentre nel film incontra un ragazzo di nome David, per cui comincia a provare uno strano affetto – un sentimento molto vicino all’amore, nel libro conosce Emma. Nel film la sua aiutante nella fuga da Praga è Sarah, mentre nel libro è un soldato di nome Avner.
Non so dire, sinceramente, cosa fosse peggio tra l’uno e l’altro.
Certo è che la materia storica è stata un po’ messa da parte, forse quasi banalizzata, dietro i continui pensieri che Anita rivolgeva al trascorso nel Lager. Pensieri che riportavano più o meno lo stesso contenuto, ridondanti e quasi estenuanti.
Ora: io non voglio sminuire l’esperienza del Campo di Sterminio di un sopravvissuto, ma qui è davvero, davvero estremizzata, portata quasi alla stregua di una lamentela continua e incessante.
Ho letto molti altri libri, scritti da sopravvissuti che raccontano la loro esperienza prima, durante e dopo la deportazione e, credetemi, niente a che vedere con quello che ho trovato in questo libro.
Se non avessi dato un’occhiata alle note sull’autrice, in fondo al libro, allora avrei pensato che avesse inventato tutto di sana pianta, immaginando come possa essere, per un sopravvissuto, tornare a vivere mentre ha perso tutto, famiglia, identità, onore e dignità, ridotto alla stregua di – citando Primo Levi – un Muselmann, di un morto che cammina e invece no; l’autrice ha vissuto questa esperienza in prima persona e, da che ho letto, la riporta un po’ ovunque, nei suoi libri.
Penso che l’aspetto storico, oltre ad essere, come ho già detto, estremizzato e banalizzato (questo, poi, è il mio punto di vista, anche se sono consapevole che ognuno vive le esperienze a modo proprio, diverso da quello di ogni altra persona al mondo) sia stato soppiantato dal subbuglio che Eli provoca nell’animo di Anita, ragazzina alle prime armi con l’amore, che si aggrappa a lui come unica certezza, come mezzo per ricominciare a vivere. Si fa troppe fisime inutili per qualsiasi cosa e alle volte è anche esagerata. Poi capisco che sia solo una ragazzina, ma continua ad apparire troppo esagerato, per me…
Parliamo un po’ dei protagonisti, comunque, che in definitiva sono cinque.
Senza dubbio, il personaggio che più ho apprezzato è stato Aron, marito di Monika, l’unico che comunque ha deciso di affrontare la realtà, a prescindere dalla sua crudeltà. Un tizio coi piedi per terra, per intenderci, che fa di tutto per far sentire la nipote a proprio agio, che cerca di aiutarla a districarsi nella nuova vita in cui è costretta a giostrarsi. Simpatico, gentile, disponibile e orgoglioso delle proprie origini ebraiche.
Tutto il contrario della moglie, Monika, che è molto schiva, riservata e rancorosa, diffidente e molto dedita alle apparenze che cerca in ogni modo di salvaguardare. Come vi ho già detto, rinnega il presente e il passato, pensa solo al futuro, ai propri interessi materiali e per questo risulta essere superficiale e scontrosa, odiosa, quasi. Tratta Anita, la figlia di suo fratello, come una schiava, praticamente, piuttosto che come una sua parente. La tiene a distanza a causa dell’esperienza che quest’ultima ha vissuto ad Auschwitz, manco avesse contratto la Peste.
Poi c’è Roby, il bambino di Monika e Aron. Non ha un ruolo attivo all’interno del romanzo e nemmeno del film, eccezion fatta per la funzione di ascoltatore delle avventure di Anita. Ella, infatti, gli racconta gli anni trascorsi con la propria famiglia prima, durante  e dopo lo Sterminio di Massa organizzato da Hitler. Lo influenza così tanto, con i suoi racconti, che nel film – e mi pare anche nel libro – la prima parola del pargoletto è “Lager”. Un po’ triste, non trovate?
Infine Eli. Cognato di Anita, la prende in giro, facendole credere di essere innamorato di lei. La mette incinta e poi, per non avere problemi né a casa né con altre donne, la obbliga ad abortire, rifiutandosi di sposarla. È un uomo rude, infantile ed egoista. Come Monika, pensa al proprio bene, non a quello di chi lo circonda. È attaccato ai piaceri materiali, molto superficiale e decisamente pervertito.
Eppure Anita, una ragazzina nel pieno dell’adolescenza, se ne innamora. Se ne innamora nonostante il suo rifiuto categorico di dirle “ti amo” almeno una volta; se ne innamora nonostante lui abbia altre donne – lo sa, Anita, ma finge di essere l’unica perché è più facile da sopportare – e nonostante lei sia consapevole di essere nient’altro che un oggetto, un passatempo per lui. Nulla di più, nulla di meno.
Lei, invece, è una ragazzina ingenua, petulante, che si appende ai ricordi rifiutandosi di andare avanti; pare che sappia parlare solo di Lager e Lager e ancora Lager. Ne parla con una facilità che rasenta la superficialità, più o meno come tutta la storia e i suoi personaggi.
Da questo deriva uno stile pesante, ripetitivo e abbastanza noioso. Ho fatto veramente fatica ad arrivare alla fine; una sofferenza, dico sul serio.
Soprattutto se le vicende sono condite con i suoi vaneggiamenti religiosi e sull’amore, un amore platonico che nemmeno quello di Catullo per Lesbia…!
Una cosa sola si salva, in questo romanzo, ed è una città.
La parte che più ho apprezzato del libro è ambientata a Praga, città in cui ho passato i cinque giorni più belli della mia vita e che ho amato nel profondo. L’ho sentita mia, in un certo senso, ma solo di giorno. Forse eravamo nella zona più triste o forse era questione di giorni settimanali e non del weekend, ma la vita notturna non è decisamente il loro forte :”
Nel libro, Anita la descrive così: «Praga sapeva un po’ di sogno, un po’ di favola e un po’ di mistero in certi angoli, come se gli abitanti scomparsi s’aggirassero ancora  tra i vicoli. Oltre le presenze reali c’era qualcosa di invisibile, il mitico Golem di cui parlava la mamma, e si avvertiva la mano creativa dell’uomo sui palazzi, sulle casette da mangiare, sugli abbaini alti come colombaie, sulle finestre come occhi delle case» e penso che sia azzeccatissima. ♥~
Potete immaginare quella città così vividamente che vi sembrerà di essere lì, tra i suoi vicoli e i suoi negozietti adorabili.
Questo, comunque, non è sufficiente per fargli prendere un  6/10.

Ultimo appunto prima di tirare le conclusioni, riguarda il titolo: “Quanta stella c’è nel cielonon è un errore grammaticale o di stampa, bensì il verso di una ballata di Petőfi, un grande poeta ungherese.
La strofa da cui è presa, recita pressappoco così: Quanta goccia c'è nell'oceano? Quanta stella c'è nel cielo? Quanto capello sulla testa di un uomo? E quanto male nel cuore?
Domande, queste, che senza dubbio fanno riflettere parecchio.
Fateci un pensierino. ~
Decisamente, è stato il titolo ad attirarmi. Attirerebbe chiunque, devo dire. xD è particolare e inusuale, quasi mai visto e sicuramente incuriosisce il lettore.
Peccato che il titolo non valga il romanzo, diciamo, giusto modificando un attimo il proverbio secondo cui “il gioco non vale la candela”.







Voto: 4,5/10
Proprio mi ha delusa, sì.
Mi aspettavo troppo, forse.








Quote:  
«Il mondo libero diurno o notturno dei bambini deve essere parente stretto della felicità» perché comunque, nonostante tutto, questa è una grande verità.





Che dite, voi, di questo libro?

L’avete letto? Lo conoscete?

Che ne pensate?

Commentate e fateci sapere ♥




A presto! ♫


»Sam ♥

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